Processo Tributi Italia, prescritti i reati contestati ai vertici difesi da legali di Trani. Anche il Comune fra le parti offese

La Seconda sezione penale del Tribunale di Roma ha prosciolto Giuseppe e Patrizia Saggese, imputati in concorso di peculato e bancarotta fraudolenta per la vicenda Tributi Italia. Entrambi erano difesi dagli avvocati Domenico Di Terlizzi, Amleto Carobello e Fabrizio Di Terlizzi, tutti del Foro di Trani, che avevano chiesto l’assoluzione dei loro assistiti e, in subordine, il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione.

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Il collegio, accogliendo la tesi difensiva, ha dato atto del fatto che la bancarotta contestata fosse già prescritta, perché non contestata anche la aggravante del danno di rilevante gravità, unica che avrebbe fatto aumentare il termine di prescrizione.

Gli imputati, tramite la loro società di recupero crediti per conto di enti pubblici in tutta Italia, avrebbero distratto fondi destinati a ben 84 comuni cui avrebbero dovuto riversare le entrate tributarie percepite. Fra questi anche il Comune di Trani, per 82.000 euro riferiti all’Imposta comunale sugli immobili in un periodo che va dal 2008 al 30 giugno 2009.

Il Comune di Trani, così come tutti gli altri enti interessati da questo procedimento penale, era parte offesa e rappresentato in giudizio dall’avvocato Riccardo Di Vizio, di Roma.

Tributi Italia era nata sulle ceneri della San Giorgio Spa, dichiarata in stato di insolvenza con sentenza del Tribunale di Roma del 27 luglio 2010. I suoi vertici, secondo l’accusa, avrebbero distratto somme per quasi 20 milioni di euro, prelevandole dalle casse della società senza alcuna giustificazione economica, utilizzandone altre per spese e consulenze non necessarie e addirittura dissipando risorse della società destinandole all’acquisto di un’altra, la Gestor, già gravata da una gravissima esposizione superiore ai 40 milioni di euro.

Trani e tutti gli altri enti si erano rivolti a Tributi Italia non avendo all’interno dei loro uffici ragioneria personale e strumenti per svolgere la riscossione dei tributi con la formula cosiddetta “in house”, e pertanto avevano scelto di esternalizzare il servizio rivolgendosi a tale società.

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