La Cassazione ha confermato la validità del processo di primo grado e disposto che l’appello non si tenga a Lecce, ma a Potenza: è questa l’odierna decisione relativa al caso dell’ex Gip di Trani, Michele Nardi.
La Cassazione ha così rimodulato la decisione della Corte d’Appello di Lecce risalente al 1mo aprile 2022: in quella occasione i giudici del secondo grado avevano deciso che il processo a carico dell’ex magistrato di Trani, insieme con altri imputati, si sarebbe dovuto rifare completamente a Potenza.
Invece la Suprema Corte ha confermato atti e sentenza del primo grado di Lecce. Il dibattimento si è concluso con condanne, la più pesante delle quali proprio a carico di Michele Nardi: 16 anni e 9 mesi per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari.
Lo spostamento dell’appello da Lecce a Potenza è legato al fatto che la posizione di Nardi è connessa a quella del procuratore di Trani dell’epoca, Carlo Maria Capristo, che però è già a giudizio a Potenza per farti ipotizzati a suo carico alla guida dell’ufficio di Procura di Taranto. Di conseguenza, anche per Nardi il giudizio si dovrà tenere nel capoluogo lucano.
Più nel dettaglio la Prima sezione della Corte di Cassazione – estensore Siani -, «decidendo sul conflitto», ha dichiarato la competenza della Corte d’Appello di Potenza e, per l’effetto, ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte di Appello di Lecce del 1mo aprile 2022 disponendo la trasmissione degli atti a Potenza per la prosecuzione del giudizio di secondo grado.
L’ex Gip di Trani, difeso dall’avvocato Domenico Mariani, aveva già eccepito durante il processo di primo grado l’incompetenza territoriale di Lecce, ma la pregiudiziale era stata respinta ed il processo si era regolarmente celebrato con la condanna finale di Nardi ed altri: l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro; l’avvocato Simona Cuomo; Gianluigi Patruno; Savino Zagaria.
Nardi, che per tutto questo tempo ha continuato a proclamarsi innocente, fu arrestato il 15 gennaio 2019 con l’accusa, contestata in concorso con altri, di avere garantito esiti processuali favorevoli in diverse vicende giudiziarie e tributarie in favore di imprenditori coinvolti nelle indagini in cambio di ingenti somme di danaro e, in alcuni casi, di gioielli, diamanti e varie utilità.
I fatti contestati risalgono al periodo compreso tra il 2014 e il 2018 e hanno nell’imprenditore coratino Flavio D’Introno, imputato e condannato in altri procedimenti, la figura del grande accusatore.
storia infinita con finish a sorpresa e credo appunto NON finita
Chi ha più santi a cui è devoto si salverà l’anima…….