Il regista Cosimo Damiano Damato: «Ho un sogno, realizzare a Trani una scuola di scrittura creativa che abbracci l’arte»

Le mille sfumature dell’arte accarezzano con tatto passionale e travolgente la creatività di Cosimo Damiano Damato, un’artista che raccoglie attraverso quell’atto «rivoluzionario» che è la poesia, la bellezza delle mille sfumature dettate dalle emozioni, i suoi lavori sono un atto d’amore verso quello che è l’universo dell’arte, in ogni sua forma. Nell’opera artistica di Damato, la poesia diviene un atto di libertà, essa è ovunque, nell’amore, nelle anime sole, nei sogni, nei ricordi, un ponte tra la storia e il futuro, perché la poesia come la musica e l’arte in generale, sono l’unica bellezza che può unire e abbattere muri. 

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Abbiamo incontrato il regista pugliese, in occasione dei prossimi eventi nella città di Trani: il 23 agosto sarà con il cantante e amico Raf, presso la villa comunale per raccontarci – con parole e musica – «La mia casa» (ed. Mondadori) e il 27 al Palazzo Beltrani con lo spettacolo «El pelusa y la negra» la storia cantata di Maradona e Mercedes Sosa con Simona Molinari e Valentino Corvino ed il Sudamerica Quartet.

La famiglia, la casa sono le radici che rimangono ancorate a noi anche a chilometri di distanza e che inevitabilmente si aggrappano al nostro essere quotidiano. Che valore ha per lei la lontananza e cosa vuol dire ritornare nella sua casa: la Puglia?

«Per me la casa sono i libri che ho letto, gli occhi che ho incontrato, le voci che ho ascoltato. La casa è la poesia. Anche quella che non ha bisogno di parole. La poesia è vedere un figlio che si innamora, un pescatore che salva la vita di un migrante in mezzo al mare, un albero che sopravvive a chi l’ha piantato. La famiglia è una fotografia stampata in bianco e nero – una carezza di madre, un bacio ad un figlio quando dorme, il biglietto del treno bagnato di lacrime, un biglietto di solo andata a diciotto anni.  Il sentimento del sostantivo lontananza non mi appartiene. Non ho nostalgie, tutte le cose che ho amato come i luoghi, le persone, me le porto sempre con me. Sono nelle storie che scrivo o racconto, non importa il linguaggio, posso utilizzare una poesia, un romanzo, uno spettacolo, un film. Ogni storia ha il suo linguaggio sartoriale ed io sono solo un sarto che forse sa cucire scampoli di vita trovate in un mercatino. Anche le persone andate via troppo presto riesco a tenerle con me, vive, versando del vino in un bicchiere vicino al mio, tenere sempre una sedia libera per questa persona. Perché le persone tornano anzi non se ne vanno mai se noi vogliamo farle restare. Non siamo fatti per morire ma per nascere innumerevoli volte diceva Hannah Arendt. Qualcosa muore quando si parte e si torna per rinascere. La famiglia?  condividere ogni tanto un piatto di telline con gli spaghetti condivisa con un fratello e ascoltare insieme un vinile di Nick Cave . Scambiarsi un libro di poesie in una nuova traduzione di Emily Dickinson con una sorella, guardare dalla barcaccia i nipotini che vengono a teatro a sentire “lo zio” raccontare storie.  Farsi raccontare dalla madre il giorno della propria nascita, dei mesi passati in ospedale insieme per una malattia infantile dovuta al parto. Un silenzio nello sguardo assente di un padre. Prendere un aereo in pieno lockdown per Berlino per brindare alla vita con una birra e parlare della filosofia di Žižek con un figlio. Poi c’è anche la famiglia che si sceglie: allungare la mano nel letto al risveglio e ritrovare la stessa mano di Sibilla dopo anni e tempeste. Commuoversi con Erri De Luca guardando il tramonto di Sorrento leggendo le lettere scambiate con Izet Sarajlic, la voce di Alda Merini che mi detta una poesia al telefono, vedere il silenzio dell’alba del Gargano  ed i tetti di Bologna con Lucio Dalla, fumare un sigaro toscano con Don Andrea Gallo che canta Il testamento di Tito di De Andrè, sottobraccio con Raffaele Nigro  a girare per  rigattieri  alla ricerca di acquerelli giovanili di Carlo Levi, imbracciare una telecamera ed andare ad intervistare gli anziani nei paesi dauni  in compagnia di  Abbas Kiarostami . 

Salire su una macchina del tempo ed indossare gli occhi di un fratello di poesia, Raf, ed incontrare una generazione che avrei voluto vivere e che posso raccontare con quella straordinaria magia che è la letteratura. Pagine scritte a quattro mani che diventano vive stando dalla stessa parte con gli stessi sogni, gli stessi valori, le stesse battaglia. Tornare in Puglia cosa significa? Vado al di là di una regione ma mi sento impiantato in un Sud, in quel Mediterraneo che riesce a curare l’Europa malata.

Ho raccontato tante storie legate al mio Sud: Matteo Salvatore, Il Bene mio, Morte e rinascita in Carmelo Bene, Astor Piazzolla (in Hasta siempre Maradona), Fernando Di Leo, l’ultimo poeta venuto dal Sud ma anche quando ho raccontato altre storie le ho raccontate con un sangue, uno sguardo e una poetica pugliese».

C’è un detto che afferma: «Se puoi sognarlo, puoi farlo» quanto vale oggi questo pensiero che sembra difficile concretizzare in particolare tra le giovani generazioni.

«Qualche anno fa ho scritto un libro con Erri De Luca dal titolo “L’ora X, una storia di lotta continua” per Feltrinelli”.  La storia di due ragazzi di Taranto, ​Sara e Sebastiano, che negli anni settanta lottano per un futuro equo e giusto​, mentre il mostro dell’Ilva strappa le radici degli ulivi ed impianta i suoi veleni ammalando la terra due generazioni. Sono passati cinquant’anni ed ancora oggi bisogna lottare per il diritto al lavoro, la casa, lo studio, la sanità, l’acqua come bene primario.

Lottare per i diritti civili, per la parità fra uomini e donne, lottare contro le diseguaglianze, lottare per la dignità dell’essere umano accogliendo chi scappa dalle guerre e dalle violenze.

Sia la storia personale di Raf che la mia hanno in comune il coraggio di osare la speranza, l’incoscienza di andare e curvare la vita inseguendo un sogno. Ho fiducia in queste nuove generazioni, in chi manifesta per l’ambiente, nella disobbedienza civile impiantando tende fuori dalle Università».

La musica diviene quel sogno di vita che sfiora con tatto gentile la poetica e le emozioni, le parole non costruzioni ma sentimenti spontanei, le chiedo quanto sia difficile riuscire a coniugare questi elementi.

«In realtà non posso rispondere a queste domanda non essendo un musicista ma solo un racconta-storie. Posso dire che in qualsiasi momento della mia vita la musica è stata sempre presente.  La musica è rivoluzione. Come scrive in una poesia Erri De Luca – il primo pianto è un canto – verso poi ripreso nella canzone “Gigante” da Piero Pelù.

In ogni mio spettacolo c’è sempre un cantautore in scena dal vivo, nei miei film c’è sempre una cura per la colonna sonora, anche i libri che scrivo hanno una musicalità. Parlando proprio del libro “La mia casa” vi rivelo un aneddoto – Avevo dieci anni e mentre ero in attesa da una parrucchiera per signora per evaporare i capelli come Robert Smith – dalla radio ascolto prima Vita spericolata di Vasco, poi Boys don’t cry dei The Cure e poi una musica mai sentita prima con un giro di basso ossessivo…” Self Control”.

La parrucchiera con orgoglio dice “eccolo, Raf, lui è di Margherita di Savoia, lo conosco” Ma come? – pensai –  anche chi nasce in questa terra dimenticata da Dio può diventare artista? cantare in inglese? –  non è possibile – Ecco la storia artistica di Raf è stata una educazione sentimentale per me.  Raffaele ce l’aveva fatta e forse potevo farcela anche io…anche se non sognavo di diventare un cantante ma forse uno scrittore, un regista. Volevo raccontare storie.  Ed è stato bello ritrovarsi poi negli anni, condividere lo stesso sguardo sul mondo, condividere una fraternità, condividere un palcoscenico, condividere parole costruendo una storia vera, poetica, olfattiva, cinematografica, musicale, necessaria come “La mia casa”».

Lei ha un rapporto speciale con Trani, ha portato spesso dei suoi lavori qui 

«Quando sono tornato a vivere in Puglia ho scelto Trani, molte mie storie le ho scritte proprio a Trani, nella casa sul mare. In quegli anni sono passati a trovarmi tanti amici, da Tonino Guerra a Gianni Minà, da Erri De Luca a Lucio Dalla, da Renzo Arbore ad Abbas Kiarostami e Piero Pelù. Sono stato spesso ospite del Circolo del Cinema Dino Risi e da qualche anno il Palazzo Beltrani è diventata la mia speciale “casa artistica”.  Molti luoghi di Trani sono presenti anche in due videoclip musicali che ho girato con Sergio Cammariere (“Dalla pace del mare lontano” e “Regina del mio mondo”).  Ho anche due piccoli rimpianti – anni fa volevo portare uno spettacolo inedito con Dario Fo nel Castello e poi un recital su Astor Piazzolla con il premio Oscar Luis Bacalov nella Cattedrale. Ma per entrambi i progetti non se ne fece nulla. Ho anche un sogno – realizzare a Trani una Scuola di scrittura creativa che abbracci cinema, teatro, editoria, arte e musica. Vedremo. Intanto vi aspetto il 23 con Raf per raccontarvi – con parole e musica – “La mia casa” (Mondadori) e il 27 al Palazzo Beltrani con lo spettacolo El pelusa y la negra- la storia cantata di Maradona e Mercedes Sosa con Simona Molinari e Valentino Corvino ed il Sudamerica Quartet».

Damato e Raf in occasione della presentazione de “La mia casa” al Salone del Libro di Torino (foto dai social dell’artista)
Damato con Simona Molinari nello spettacolo musicale El Pelusa y la Negra.. la storia cantata di Maradona e Mercedes Sosa ( foto Boni 3c)
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