Mercoledì 15 dicembre, ore 19.00, il Palazzo delle Arti Beltrani, nell’ambito del progetto Good games promosso dall’Assessorato alle culture del comune di Trani in collaborazione con le librerie cittadine, ospita la presentazione del nuovo romanzo di Omar Di Monopoli, Brucia l’aria (Feltrinelli). Dopo Uomini e topi e il fortunato Nella perfida terra di Dio, lo scrittore salentino ci riporta nella cittadina, tanto fittizia quanto reale, di Languore, già scenario del suo fortunato esordio del 2007, Uomini e cani. Siamo – come d’abitudine per lo scrittore, originario di Manduria – nel triangolo tra Lecce, Brindisi e Taranto. Un Salento, selvaggio e violento, sospeso tra tradizione e modernità, ben lontano da quello variopinto, lussuoso e patinato delle brochures turistiche.
Brucia l’aria segue due linee temporali, passato e presente, che si interfacciano tra loro. La vicenda inizia nell’estate del 1990, quando un incendio distrugge buona parte del litorale di Torre Languorina (nella realtà, Torre Colimena, frazione di Manduria). Alcuni dei resti arsi vengono subito attribuiti al «boss dei pompieri», l’ambiguo Livio Caraglia, ritenuto il responsabile del disastro. Venti anni dopo, saranno i suoi figli, Rocco, uscito dal carcere dopo una lunga detenzione e Gaetano, il più giovane, a dover fare i conti non solo con il proprio passato sentimentale e familiare, ma anche con le mire del vecchio capobastone della SCU, Precamuerti, tornato dalla latitanza. Per tutti arriverà il momento di “guardarsi negli occhi dal fondo della propria catastrofe”, come recita la frase da Pornografia di Witold Gombrowicz, posta in esergo.
Un nuovo western pugliese dunque per Di Monopoli. Un nuovo viaggio in un Salento trasfigurato visionariamente in una propria personale Yoknapatawpha, la contea immaginaria dove Faulkner ha ambientato gran parte delle sue storie. Ma anche e soprattutto la continuazione di un laborioso lavoro sulla scrittura. Una scrittura complessa, vertiginosa e ricca di suggestioni visive, capace di passare facilmente dal tono sublime al quotidiano, secondo la lezione del Southern Gothic di William Faulkner, Erskine Caldwell e Flannery O’Connor, modelli dichiarati. Una scrittura che evita abilmente la trappola del barocchismo, si divincola dagli abbracci troppo stretti della forma inventata sul momento, per catapultare il lettore nell’intricato mondo della mente e delle relazioni umane, dove passato e presente, realtà e sogno, odio e amoresi confondono.
Dialoga con l’autore Vito Santoro.