Giorgio Trione Bartoli al «Tyrenum Festival»: il futuro è suo

Giunge alla terza serata, la rassegna “Tyrenum Classic Festival – Un Pianoforte al Monastero”. Nei precedenti appuntamenti, di questa prima edizione, di un format che sembra essere nato sotto buonissimi auspici, hanno dato grande prova di sé, i Maestri Paolo Scafarella e Serena Valluzzi. Questa sera sui tasti infiniti, del pianoforte collocato nel porticato dell’ex-Monastero di Colonna, le dita di appena due mani, del M° Giorgio Trione Bartoli, classe 1996, curriculum importante e pluricontinentale. Ideatore, insieme allo stesso M° Paolo Scafarella, del “Tyrenum Festival”.

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Ebbene si: “appena due mani”! Già, perchè il M° Bartoli si esibisce in un programma davvero impegnativo, su opere da compositori russi, quali S. Prokofiev e – soprattutto – Sergej Rachmaninoff, e qui l’attenzione e la curiosità del numerosissimo pubblico intervenuto (anche da città limitrofe), ci stanno tutte.

Breve introduzione alla serata ed al programma, non senza aver sottolineato che l’ “Ottava Meraviglia sul Mare” di Trani (l’ex-Monastero, location indovinatissima, in quanto restituisce un’acustica più che perfetta.), viene riaperta alla fruizione dei visitatori, in coincidenza con questa rassegna, e subito, con degno applauso, viene dato il benvenuto al M° Giorgio Trione Bartoli.

E’ confermato: le sue mani sono solo due, e prima della pur ‘difficile’ op. 84 – Sonata no. 8 di Prokofiev, c’è da “aggredire” Rachmaninoff, e la sua op. 16 “6 Moments Musicaux”. E Giorgio, da par suo lo fa!

Andantino, Allegretto, Andante cantabile, Presto, Adagio sostenuto, Maestoso. Applausi! Il M° Bartoli con la sua scelta del programma, fornisce spunti interessanti.

Rachmaninoff: di lui si parla molto, in questi ultimi tempi, in ogni angolo del pianeta, per tutta una serie di ragioni.

Prima fra tutte, la ricorrenza del 150° anniversario della nascita del compositore, nativo Madre Russia, ma naturalizzato negli Stati Uniti (dove vi morì nel 1943, all’età di 69 anni).

Divisivo: su di lui, la discussione fra critici vecchi e nuovi, è più che mai accesa, specie sul livello delle Opere dell’autore, rispetto a quelle di altri grandi compositori di musica per orchestra e pianoforte, quali, solo per fare alcuni nomi, Shubert, Debussy, Liszt, Chopin.

C’è chi sostiene, fra i soloni, che Rachmaninoff sia da sempre sopravvalutato, per via delle sue suites romantico-struggenti, che “toccano” le corde di quella ‘emotività’ tipica di un’audience ‘media’, e nulla più (“Rachmaninoff fa sentire ciò che la gente vuole sentire”, cit.).

D’altra parte c’è chi esalta proprio quel ‘filo rosso’, nelle composizioni “classico-romantiche” dell’ “amico” Sergej, che porta le stesse disinvoltamente a legarsi con la scena musicale “Pop” contemporanea.

Fior fior di autori di musica leggera, è risaputo, attingevano e attingono a piene mani dagli accordi e dai “giri” armonici di Sergej, come anche ben illustrato all’interno del documentario semi-serio “Breaking Rachmaninoff”, uscito ad aprile di quest’anno (resta eclatante ancora oggi, la bellissima “All by Myself” di Eric Carmen, elaborata su Concerto no. 2).

Nello stesso documentario, vengono messe in risalto le grandi mani che aveva Sergej Rachmaninoff, ragion per cui chi suona le sue opere, si da il caso che abbia a sua volta mani grandi. E mentre nell’etere che avvolge il Monastero, si diffondono le note della suite “6 Moments Musicaux”, di cui ormai Giorgio Trione Bartoli è padrone assoluto, il pensiero va a mani importanti, viste recentemente all’opera: quelle dell’immensa Kahtia Buniatishvili (fresca di maternità, oltretutto vissuta interamente in tournée), o quelle di Yuja Wang (molto discussa e spesso stroncata, per il ‘tacco 12’ e l’abbigliamento ‘succinto’ che indossa durante le esibizioni, e per la presunta “meccanica” delle sue dita, dicono, ‘tipico’ delle pianiste formate in serie, in Cina), che ha appena pubblicato una anticipazione del nuovo album, in uscita a settembre, dedicato proprio a Sergej Rachmaninoff.

Ma intanto, ascoltiamo ed applaudiamo con calore il M° Bartoli, tanto da indurlo a concedere un ricco doppio “bis”.

Ci viene naturale osservare le nostre mani: sarebbero state grandi abbastanza per suonare le opere del caro Sergej?… Nel dubbio, la certezza che quelle del ‘nostro’ Giorgio Trione Bartoli hanno tutte le carte in regola. Il presente, ma soprattutto il futuro, è suo.

Tommaso De Cillis

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