"Dalle ceneri sparse sulle nostre zolle continuerà a nascere la vita". Questa e molte altre frasi hanno contraddistinto l’incontro-dibattito tenutosi, nei giorni scorsi, presso Palazzo Palmieri: "Silenzi – Dal grido del silenzio di Auschwitz alle domande silenti delle nostre città". L’appuntamento è stato organizzato nell’ambito del "Progetto Agorà – Comunità Aperta", dalla Comunità Oasi 2 – San Francesco in collaborazione con l’Associazione Culturale "Teatro Mimesis". "Special Guest" della serata è stata Elisa Springer, sopravvissuta ai campi di sterminio, che, con la sua dura testimonianza, ha soprattutto voluto divulgare un messaggio di pace alle nuove generazioni, spesso troppo incuranti e diffidenti sul tema proposto. Dai brani letti da Assunta Nugnes e Pasquale Di Filippo (attori della Compagnia Teatro Mimesis), tratti dal libro scritto dalla stessa Springer "Il silenzio dei vivi", e dalla proiezione di un video – documentario sul massacro del popolo ebreo, si è evinto quanto la seconda guerra mondiale sia risultata uno dei più violenti spettacoli tra tutti i fenomeni sociali, contraddistinguendo così una grande svolta nella storia. Tutto l’accaduto si è evoluto come se un immenso cataclisma avesse colpito l’intera umanità, per la prima volta unita nello stesso tragico destino. Alla luce dei fatti, avvalendoci della conoscenza storica perpetuataci dalle varie fonti sull’argomento, spesso ci si chiede come sia stato possibile che l’influenza irrazionale – basata sui capisaldi teorici dell’autoritarismo, del concetto di nazione come unità etnico-naturale, del razzismo e dell’antisemitismo – di una dottrina platealmente assurda, possa aver ispirato e guidato per anni molteplici menti plasmando il loro pensiero, inizialmente orientato verso il bene della propria comunità, in una caricatura sanguinolenta, provocando in tal modo un delirio collettivo ed infamie inaudite, recando tutto e tutti alla rovina. Delitti di un’ampiezza sconfortante (fucilazioni collettive, stermini di massa) hanno determinato milioni di vittime (se ne contano solo di ebrei circa sei milioni), la cui morte è stata peraltro ininfluente sull’esito del conflitto. Al termine della guerra le rovine materiali e morali e le perdite non sono paragonabili in alcun modo alle difficoltà e ai quesiti che l’hanno fatta esplodere. L’incontro si è svolto in un clima colmo di riflessioni e perplessità, in quanto non è stato arduo ricollegare ciò che è accaduto più di cinquant’anni fa con quello che sta avvenendo nei Balcani, ove si sta registrando la stessa disumanità a livello ideologico e disarmante violenza sostanziale. A tal proposito, la Springer ha ribadito l’essenzialità della non repressione dei ricordi, affinchè sia data la giusta risonanza all’entità dei momenti gravi ed angosciosi vissuti in un qualsiasi periodo di guerra. Non esistono guerre grandi o piccoli, paradossali o meno assurde, violente o meno irruente, perchè quando esse sono in atto, tutti soffrono indistintamente, forse in un modo diverso, ma ognuno dei sopravvissuti reca nell’animo una cicatrice non rimarginabile. Quindi la formula più indovinata sarebbe quella di "non dimenticare", ma acquisire tutto ciò che si riesce a captare come un’esperienza (anche se non provata direttamente), come mezzo per vivere (e non per sopravvivere), e per evitare che fanatismo, durezza delle ostilità e prevaricazione concreta surrealmente pragmatica coincidano, generando così battaglie con scarse possibilità di pace ed esito positivo.
Elisa Springer commuove Trani
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